
In genere sono solito tagliarmi i capelli in Italia, perché in Belgio non è possibile: i barbieri belgi-belgi si fanno pagare un occhio della testa per farti mettere le mani addosso da un apprendista imbranato; i belgi-arabi sono più cheap, ma sentono musica pallosa e manco ti offrono il thè. Quindi quando vado in Italia i capelli me li taglio lì, ed in ogni città ho i miei favoriti.
A Roma ero solito andare da un vecchio barbiere che aveva la bottega in Piazza della Suburra, all’angolo con via Urbana. L’atmosfera era sempre rigorosamente anni ’70-80, compresa la foto della capigliatura vaporosa di Toto Cotugno alla parete. Nel reparto-lettura c’erano solo riviste per veri uomini, non certo quei magazine con foto di modelli smidollati come si usa oggi. Le dissertazioni intrattenute durante la seduta erano di altissimo livello ed abbracciavano l’intero scibile politico-economico del Paese: tasse; governo (ladro); criminalità; prevaricazioni dei vigili urbani; potere d’acquisto della ggente; abitudini sessuali delle Ministre.
Un sabato, dopo un passaggio romano per lavoro, mi sono recato nuovamente dal mio barbiere preferito. Passando per la rituale cortata, mi aspettavo anche un report su “Rapporti ed interazioni tra il nuovo Presidente del Senato, Fico, e gli autobus“. Ahimè. Quando sono entrato in bottega mi sono accordo che qualche cosa era cambiato: non c’era più il vecchio barbiere, al suo posto un ragazzetto, con i baffetti affusolati, che mi ha salutato sorridendo. L’arredamento era completamente cambiato e qua e là sporgevano riviste immonde. Per di più, appena entrato sono stato fermato da una ragazzotta, in piedi dietro una sorta di leggio, che mi ha domandato “Buongiorno, ha prenotato?” (NB: il locale era vuoto). Ho fatto l’urlo di Munch e sono scappato via.