
Tanti anni fa, dopo un periodo all’estero, ero tornato in Italia e per la precisione a Roma, dove avevo iniziato a fare l’avvocato. Frequentando i tornei di burraco dei Parioli avevo conosciuto una ragazza con la quale sembrava che stesse nascendo una “situation”. Un giorno pensai di invitarla a cena e le proposi un ristorante del quartiere Monti vicino a casa mia.
Appena fissato l’appuntamento ne parlai ad un’altra mia amica, una “consigliera”, cioè una tipa con la quale ero solito confidarmi su temi amorosi, e che inoltre mi aiutava a tradurre i messaggi criptici che provenivano dall’altro sesso. In effetti, dopo parecchi anni trascorsi nella Mitteleuropa avevo difficoltà a capire le italiane e, soprattutto, le romane. Ad esempio, una frase del tipo “allora ci si vede” in Germania (wir sehen uns mal!) costituiva per me un imperativo categorico kantiano, cioè voleva dire che ci saremmo rivisti di sicuro ed a breve, mentre a Roma la stessa frase diventava un semplice intercalare che pare significasse qualcosa del tipo: “Non escluderei che nel prossimo futuro tu possa, per motivi assolutamente casuali, entrare nell’ambito di ricezione del mio bulbo oculare”.
Ordunque, in previsione della cena mi sentii con questa amica consigliera la quale, tra le altre cose, mi raccomandò di cambiare subito il cappotto che portavo. Si trattava di un vecchio capo spelacchiato di Benetton a cui ero molto affezionato perché mi aveva portato fortuna durante le campagne di caccia nelle pianure polacche, ma che evidentemente mal si prestava all’acchiappo romano. Così il pomeriggio della famosa cena uscimmo assieme nel centro di Roma per fare shopping. Preciso che, sfortunatamente, l’amica consigliera faceva parte di un giro di pugliesi modaiole, per lo più provenienti dalla Bari-bene, il cui sobrio motto era: “Mai meno di Prada!”. Fu così che l’amica consigliera mi indusse a comprare un costosissimo trench di una marca che oggigiorno non vorrei neanche vedere stampata sul portachiavi.
Ad ogni modo, la sera stessa mi trovai, lindo e pinto, a cena con l’amica del burraco. Andò tutto bene, restammo a ridere e scherzare fino alla mezzanotte. La clientela era andata tutta via, eravamo rimasti solo noi due. A quel punto, pagai il conto (come si conviene) e mi diressi verso il guardaroba per riprenderci gli abiti. E qui arriviamo all’evento dissociativo che caratterizza questo racconto.
Accadde che aprendo il guardaroba io cercai, invece del trench appena comprato, il mio vecchio cappotto spelacchiato, perché nella mia testa ero ancora abituato a quello. Non feci minimamente caso al trench che stava appeso nel guardaroba, perché in quel momento era svanito dalla mia mente. Non so come e perché, ma avevo rimosso il giro di shopping del pomeriggio ed ero convinto di essere uscito con il vecchio cappotto. Non vedendolo nel guardaroba, mi rivolsi allarmato al gestore del ristorante paventando un possibile furto, che quel punto riguardava anche le chiavi di casa che erano rimaste nel capo sparito. Il gestore escluse il furto ed ipotizzò semmai uno scambio di vestiti: qualcuno poteva aver indossato per sbaglio il mio cappotto e se ne era andato senza accorgersene, magari lasciando il suo. Tutti commentammo che in giro c’era gente svanita, ma a quel punto, che fare? Io ero senza chiavi di casa! Il gestore controllò il trench rimasto nel guardaroba alla ricerca di documenti per risalire al proprietario, ma non ne trovò (ovvio: io avevo documenti e portafoglio con me, non li lascio mai in un guardaroba).
A quel punto l’amica del burraco pretese che il gestore cominciasse a telefonare a tutti i clienti della serata, usando i numeri telefonici lasciati per le prenotazioni, al fine di individuare il distratto che si era portato via il cappotto con le mie chiavi. Cominciò quindi un giro surreale di telefonate a notte fonda, con i romani che venivano tirati giù dal letto mentre stavano dormendo, trombando o non so che altro, e noi chiedevamo loro se avessero mai visto il mio cappotto, e loro rispondevano di no in vari modi, anche maledicendoci. Alle 2 di notte finimmo numeri e telefonate, ma non avevamo ancora trovato niente. Allora la mia amica consigliò di esaminare meglio il capo rimasto appeso nel guardaroba per vedere se potessero esserci altri indizi utili. Me ne occupai io stesso e, rovistando nelle tasche del trench ancora appeso trovai, con immensa sorpresa, le mie chiavi di casa! Non riuscivo a capacitarmi, ma tirando fuori quel trench dal guardaroba e guardandolo bene alla luce realizzai tragicamente la situazione: il trench era mio, le chiavi pure, il mio vecchio cappotto non era mai stato lì, non c’era mai stato alcuno scambio di vestiti, e noi avevamo passato 2 ore del cazzo telefonando a notte fonda a mezza Roma.
Mi voltai verso i presenti e li scrutai. Stavano li a guardarmi aspettando di capire il da farsi: il gestore, qualche cameriere rimasto, l’amica del burraco – stanchi, esausti e con le occhiaie. Fu un momento interminabile alla fine del quale indossai il trench e, prendendo la mia amica sottobraccio, dissi, facendo spallucce, che suvvia, bisognava essere ottimisti, che una soluzione si sarebbe trovata. Il gestore e la mia amica balbettarono delle frasi tipo “Ma che cazz…! Ma come …” ma io a quel punto trascinai l’amica via di forza pronunciando delle frasi del genere “Supercazzola prematurata scappellamento a destra …” e di fretta uscimmo dal locale. Ci ritrovammo così in mezzo alla strada. L’amica del burraco, che non aveva ancora capito la situazione, preoccupandosi per me mi chiedeva cosa avrei fatto, visto che non avevo ancora recuperato le chiavi di casa. Ma proprio perché io ero fuori di casa (almeno apparentemente), mentre lei una casa ce l’aveva, mi venne in mente una soluzione di giustizia, una win-win situation come dicevano i miei strapagati colleghi avvocati anglosassoni. Tuttavia, mentre stavo per formulare i miei concupiscenti propositi lei mi anticipò dicendo: “Ma sai che alla fine questo trench ti sta bene? Peraltro, assomiglia moltissimo a quello che ti hanno portato via. Tiettelo”. Le donne fanno caso a come ti vesti, aveva ragione l’amica consigliera. Capii che era meglio finire la serata, prima che si scoprisse tutto, e ci salutammo.
1° PS: ci misi un bel po’ di tempo prima di ritornare in quel ristorante, non prima di 10 anni, aspettai che la gestione cambiasse almeno due volte.
2° PS poco tempo dopo l’amica consigliera e le sue colleghe modaiole scoprirono Zara con i suoi cappotti a prezzi convenienti, ma per me ormai era troppo tardi. Il trench di marca finì in armadio e lo usai raramente. Alla fine andò perso, o meglio mi fu fottuto, durante un convegno internazionale di avvocati. Tenendo conto del suo valore e delle poche volte che l’avevo messo, calcolai che ogni uscita mi doveva essere costata sui 300 euro, più la cena a Monti.