
Penso che a forza di telenovelas su Rivombrosa e Moschettieri ci siamo dimenticati quale sia l’essenza del concetto di regalità e di aristocrazia per come lo abbiamo conosciuto in Europa: ci sono persone che per un semplice fatto di nascita, cioè di sangue, sono diverse dagli altri e per questo sono migliori ed hanno diritto a dei privilegi. Non importa se siano brillanti, stolte o dei veri pezzi di merda: la regola del sangue non ha niente a che fare con i buoni sentimenti, l’educazione o la meritocrazia. La storia delle famiglie europee reali ed aristocratiche è piena di casi umani da riempire una fiera delle vanità ma anche un circo degli orrori: una moltitudine di gente che nel corso dei secoli ha avuto il diritto, per via della regola del sangue, di vivere e fare cose che agli altri mortali non era permesso.
Qualcuno dirà che il mondo è andato sempre avanti così, ma non è esattamente vero. Nell’antichità troviamo tante civiltà dove il re, sovrano assoluto, stabiliva che i figli fossero propri successori. Ma queste regole, più o meno codificate, venivano meno quando c’era una sollevazione o una guerra che travolgeva monarca e pargoletti. A quel punto il nuovo sovrano iniziava una nuova dinastia fino a quando questa non veniva travolta da qualcun altro, e si ricominciava. Così è stato, ad esempio, per Egiziani, Persiani e Greci: questi ultimi avevano persino creato il concetto di tyrannos, cioè del guitto che la mette in quel posto a tutti e si prende il potere, perché è il più bravo (e non importa di chi sia figlio e se faccia uso di violenza). Anche l’impero romano ha funzionato così: per quanto gli imperatori romani abbiano tentato di creare delle dinastie familiari attraverso i figli (naturali o adottivi) alla fine però la successione era regolata da rapporti di forza, che all’epoca si basavano sul supporto dell’esercito o delle forze di elite (i pretoriani). Il che vuol dire che il figlio designato ce la faceva solo se era bravo, mentre chi finiva dalla parte sbagliata del tavolo era finito, non importa chi fosse suo padre o suo nonno. Può sembrare crudele, ma era l’unica meritocrazia disponibile.
La regalità e l’aristocrazia europee hanno funzionato in maniera diversa, invece. Niente ha mai impedito a re, duchi e baroni di essere ammazzati o fatti fuori nei modi più vari, ma a differenza del passato, non potevano essere sostituiti dal più forte e, in qualche modo, dal più meritevole in quel contesto. Bisognava per forza rispettare la regola del sangue: non era ammissibile, quindi, che il potere regale andasse ad un parvenu, per quanto valido e coraggioso, cioè ad un tiranno, per dirla alla greca. Il successore doveva per forza essere giustificato dalla regola del sangue. Ci sono innumerevoli esempi per questo, la storia inglese ne fornisce di avvincenti.
Alla fine della Guerra delle Rose (fine XV secolo) sono praticamente stati sterminati tutti coloro che possano vantare una qualche goccia di sangue reale plantageneto (la dinastia reale che era succeduta ai normanni): il sopravvissuto Riccardo III ha persino messo fuori gioco i nipoti (i famosi principini della torre), prima facendoli dichiarare bastardi, e poi eliminandoli del tutto. Monta la rivolta contro di lui ma non può essere sostituito da alcun condottiero o giovane volenteroso, in quanto per rimpiazzare il re Riccardo ci vuole per forza qualcuno che sia in qualche modo “reale”, ma i reali sono tutti morti. Lo si trova alla fine in Enrico VII, la cui appartenenza alla famiglia reale inglese fa venire il mal di testa: Enrico era figlio di Edmondo Tudor, che era figlio di Caterina di Valois (figlia di Carlo VI di Francia) che aveva sposato Enrico V re d’Inghilterra (quello di Azincourt), che era morto lasciandola vedova con un pargolo (Enrico VI d’Inghilterra ma anche re di Francia come Enrico II, un pazzo demente) e che risposandosi aveva appunto avuto questo Edmondo che, quindi, era fratellastro del re anglo-francese pazzo demente che presumibilmente fu poi eliminato da Edoardo IV, il fratello di Riccardo III, quello che poi ha ammazzato i principini figli di Edoardo stesso. Ecco.
Gli Stuart mostrano un altro mirabile esempio di come la regola del sangue prevalesse su qualsiasi catastrofe o deficienza umana: Giacomo Stuart, figlio della decapitata Maria Stuarda, fu incoronato Giacomo I d’Inghilterra nonostante la sorte occorsa alla madre. Suo figlio, Carlo I, fu anch’esso decapitato, ma comunque gli inglesi, dopo la parentesi di Cromwell (un’eccezione tirannica nella storia inglese, che però conferma la regola) misero sul trono suo figlio Carlo II. Gli Stuart che seguirono erano uno peggio dell’altro e portarono alla gloriosa rivoluzione inglese che li scacciò. Però gli inglesi terminarono il tutto andando a pescare una dinastia tedesca che comunque era imparentata, per via femminile, pur sempre con i vituperati Stuart.Ci sono altri esempi a bizzeffe.
Mi sono chiesto come e perché la regola del sangue in Europa abbia funzionato così bene, impedendo qualsiasi ricambio meritocratico all’interno dell’aristocrazia, fosse anche fatto con la violenza. Anche quando un monarca era fatto fuori in modo violento, gli doveva per forza succedere un parente, anche della peggiore specie, anche se era stupido, maniaco o completamente incapace. Quale che fosse la ragione, ne risulta confermata l’essenza delle regalità e dell’aristocrazia nell’accezione europea, nata col feudalesimo e arrivata fino ad oggi: non importa cosa sei e come sei, ma di chi sei figlio e nipote legittimo.
La fonte di quanto sopra risale all’incontro tra i regni romano-barbarici e la Chiesa Cattolica, che ha dato luogo al feudalesimo. I re barbarici (Franchi, Burgundi, Goti ecc) avevano bisogno di una legittimazione di fronte alle varie tribù che formavano il loro regno, poichè alla loro morte niente garantiva che il loro figlio potesse succedergli e non venisse invece fatto fuori da qualche altro pretendente (il sistema dell’impero romano, insomma). La Chiesa, che a sua volta cercava anime da convertire, fornì la soluzione: con la consacrazione del re barbarico, e la contestuale conversione sua e del suo popolo, il sovrano con le corna in testa diventava l’Unto dal Signore, e la sua discendenza gli succedeva per diritto divino. Il figlio principino, per quanto minchione, doveva essere re anche lui perché così aveva deciso Dio, e di conseguenza non doveva certo sbattersi come accadeva una volta nelle steppe. Insomma, se abbiamo rischiato di avere come re d’Italia dei campioni come Emanuele Filiberto e il suo padre pistolero, lo dobbiamo a questo retaggio storico ed alla nostra adorata Chiesa cattolica.
Per questo, quando muore un monarca o qualche suo parente, non mi scendono grandi lacrimucce, al di là dell’umana pietà per l’essere umano che si è spento. Penso che farò un’eccezione solo per Elisabetta II, un personaggio che fa eccezione alla regola (e quindi la conferma) che le famiglie reali consistono, generalmente, di mediocri e poveretti (per via della selezione matrimoniale) a cui la roulette della vita ha però risparmiato di dover vivere l’esistenza che si meriterebbero. Magari possono sembrare parole un po’ dure, visto che i reali di oggi si fanno simpaticamente vedere affaccendati con opere di beneficienza, storie su Instagram e servizi fotografici su Point de Vue. Ma 100 anni fa e più l’avremmo pensata diversamente: il destino di popolazioni e nazioni intere che dipendeva dai capricci e dalle cazzate di idioti incapaci con il parrucchino. Viva i tiranni greci, viva gli imperatori romani, viva i re barbarici non convertiti, viva la rivoluzione francese e, soprattutto, viva Meghan!
PS: ovviamente ho dovuto semplificare ed un po’ banalizzare. Ci sono sempre delle eccezioni interessanti, ad esempio i duchi normanni, che per un po’ continuarono a spassarsela e sposarsi in modo pagano, il c.d. more danico, e chiamavano il prete per la celebrazione religiosa solo quando era strettamente necessario. La Chiesa si incacchiava e dichiarava i loro figli bastardi e non legittimi a succedere, ma i Normanni normalmente se ne fregavano. Così Guglielmo, che conquistò l’Inghilterra nel 1066, per alcuni fu il Conquistatore, per altri il Bastardo. Ma comunque durò poco: dopo l’anno 1000, il sangue regale consacrato dalla Chiesa divenne normalmente la regola, perché era la migliore assicurazione che un padre re potesse dare al proprio figlio principino, soprattutto se scemo.