La lezione di Yoga (vol 1)

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Nessuno saprà mai quali possano essere le motivazioni che spingano un uomo buono, morigerato e pacifico, a buttarsi in un corso di yoga.

Il tapino pensa forse di allargare le proprie conoscenze di filosofia orientale e magari anche di risparmiare qualcosina sulla gym, dopo anni di costosissime palestre fiamminke, peraltro mai o mal frequentate. Senonchè, lo sventurato solo alla fine scoprirà che lo yoga è, in verità, una disciplina praticata da un gruppo di donne fanatiche e rancorose, il cui solo scopo è quello di mettere in imbarazzo gli uomini e farli sentire delle merde. Se poi l’ingenuo si è iscritto al corso per poter conoscere qualche fanciulla, la punizione sarà doppia.

Ciò detto, la lezione di yoga inizia in maniera non-sospetta: il discepolo si ritrova in uno stanzone spoglio, ingentilito con qualche indianerìa new-age, il solito elefante vestito strano e le altre divinità del pub di Guerre Stellari.

Nell’ambiente si muovono un gruppetto di fanciulle, eteree e pensierose, appena appena abbigliate con tutine attillate. Una mi sembra persino di averla vista una volta barcollante a farneticante con una birra in mano a Place Lux, ma non può essere lei, se no mi avrebbe salutato. Le fanciulle fin da subito mi schifano deliberatamente perché, non si sa come, è già circolata la notizia che mi cibo di animali morti. Tento di riguadagnare un po’ di benevolenza sfoderando la t-shirt di Greenpeace (15 Euro su Internet), ma invano.

In mezzo alla fauna di fanciulle a volte si riconosce anche una sparuta rappresentanza di maschi, ma non sono tutti uguali. Alcuni sono “amici”, e si riconoscono perché si guardano attorno con l’aria preoccupata e spaesata, chiedendosi perché sono lì. Gli altri, quelli con l’aria seria e tutti concentrati sulla statuetta di Gamesh, sono personaggi sospetti, che fanno parte del complotto, ma si capirà solo dopo.

La lezione di yoga comincia così. Si stendono dei tappetini in parallelo, un po’ come i savoiardi nel tiramisù, e ci si siede. Sei hai culo ti danno anche un cuscinetto, se invece sei stato birba nelle vite passate ti danno una specie di mattoncino (a me è capitato il mattoncino: dev’essere colpa di quella volta in cui, nel 1980, aiutai a ciclostilare i volantini del MSI). Intanto l’istruttrice manda un po’ di musica new-age, campanellini e minchiatelle varie, e comincia a parlare con voce soffusa. Ad un certo punto, all’improvviso parte un “hahaaammmm” collettivo, un po’ come quando i vecchi zii mi volevano perculare con un dolcetto. Faccio hahaammm anche io, ma stavolta niente dolcetto.

I primi esercizi sono un complessi ma fattibili, tipo incrociare le gambe o toccarsi i piedi. Dopo 5 minuti però la situazione comincia a precipitare, le posizioni diventano vere contorsioni e non si riesce più a capire cosa devo fare. Cerco di salvarmi in corner osservando con attenzione le signorine e tentando di imitarle, ma con risultati pecorecci, perché le donzelle cominciano ad assumere pose astruse e a contorcere gli arti in modi che la scienza non può spiegare. Nel frattempo si comincia a sudare e sale la tensione.

Nota di costume: lo yoga è l’unico momento della vita in cui un uomo può permettersi di scrutare dalla testa ai piedi una signorina in tutina attillata, senza che questa si senta granchè infastidita. La ragione è che lei sa benissimo che lui è completamente inoffensivo, perché il suo livello di autostima è ai minimi storici: anche se lei gli saltasse addosso, lui al massimo l’abbraccia e si mette a piangere.

[continua]

 

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